Chirurgia delle arterie a destinazione cerebrale
Chirurgia dei tronchi sovraortici prossimali. Tecniche chirurgiche ed endovascolari

https://doi.org/10.1016/S1283-0801(15)72312-5Get rights and content

Le lesioni occlusive dei tronchi sovraortici (TSA) prossimali sono dominate dalle lesioni ateromatose. Le forme diffuse sono più rare, mentre la frequenza delle forme associate a lesioni delle biforcazioni carotidee aumenta. L’arteriografia diagnostica è sostituita dalla TC e dalla risonanza magnetica con contrasto. Le indicazioni della rivascolarizzazione chirurgica si sono ridotte nel corso dell’ultimo decennio, in particolare per i TSA prossimali, accessibili mediante sternotomia, in virtù del miglioramento dei risultati delle tecniche endoluminali, in particolare a causa del ricorso più frequente allo stenting. Il confronto dei due metodi rimane difficile.

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Introduzione

Le lesioni occlusive dei tronchi sovraortici (TSA) prossimali colpiscono le arterie succlavie (ASC), il tronco arterioso brachiocefalico (TABC) e le arterie carotidi primitive (ACP). Le eziologie, dominate dalle lesioni ateromatose, sono numerose: lesioni secondarie a un’irradiazione cervicale o mediastinica, malattie infiammatorie (Takayasu, Horton, Behçet, ecc.) e, in grado minore, restenosi dopo chirurgia convenzionale o trattamento endoluminale.

La chirurgia riparativa dei TSA ha conservato

Generalità

La maggior parte dei dati riguardanti l’anatomia e l’embriologia, le lesioni anatomiche e i meccanismi fisiopatologici è ampiamente ispirata dall’articolo di A. Branchereau del 2006 [1].

Trattamento chirurgico

La prima cura chirurgica di un’ostruzione del TABC è stata pubblicata da Davis [12] nel 1956 ed è consistita in una tromboendoarteriectomia del TABC con toracotomia anteriore destra. DeBakey [13] ha descritto, nel 1958, l’utilizzo di un bypass protesico a partire dall’aorta ascendente per trattare un’ostruzione del TABC.

Il gesto di rivascolarizzazione può essere rappresentato da un bypass diretto a partire dall’aorta ascendente, un’endoarteriectomia, una trasposizione o un bypass per via

Trattamento endovascolare

L’angioplastica endoluminale dei TSA ha esordito negli anni ’80 [21]. La diversità degli interventi proposti per le lesioni dei TSA prossimali spiega l’assenza di consenso.

Il trattamento endoluminale rappresenta una soluzione alternativa attraente a causa del suo carattere poco invasivo. L’interpretazione dei risultati delle angioplastiche dei TSA prossimali è resa difficile dalla frequente eterogeneità delle casistiche in letteratura, dove si mescolano spesso le angioplastiche del TABC, delle

Furto della succlavia

È l’associazione di stimmate cliniche di ischemia della fossa posteriore (insufficienza vertebrobasilare con vertigini, drop-attacks) facilitate dagli sforzi dell’arto superiore omolaterale, di un’anisotensione e della constatazione, all’eco-Doppler, di una lesione dell’ASC prevertebrale associata a un flusso retrogrado in quest’ultima. È l’indicazione del 30-50% delle angioplastiche dei TSA in letteratura. Ora, la frequenza della constatazione di un furto della succlavia asintomatico al

Conclusioni

La chirurgia dei TSA prossimali può essere realizzata o tramite chirurgia convenzionale o tramite dilatazione endoluminale. Queste due metodiche hanno ognuna dei vantaggi e degli inconvenienti propri: la chirurgia è più mutilante, tecnicamente più difficile, e ha una morbimortalità elevata, soprattutto in caso di gesti associati, ma i suoi risultati a lungo termine sono molto soddisfacenti.

Il trattamento endovascolare è più facile e meno mutilante, con una morbimortalità molto bassa, ma i

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